Attrazione e amore non sono la stessa cosa.
Guardavi Friends?
Un telefilm anni ’90 che mi ha fatto ridere un sacco.
Ebbene, in una puntata Phoebe, una delle protagoniste, è indecisa tra due ragazzi e non sa quale scegliere.
Dopo averci riflettuto decide di andare dal primo e dirgli che lo lascia.
Lui è un pompiere forte e aitante.
La attrae per il suo fisico.
Quando gli dice che è finita tra loro, lui scoppia a piangere e le mostra un diario segreto pieno di cose romantiche scritte per lei.
A quel punto Phoebe pensa che sia lui il ragazzo giusto e decide di chiudere la relazione con il secondo ragazzo, un professore colto e romantico.
Quando va a trovarlo per dirglielo lo trova in tenuta da lavoro che sistema la sua casa: aitante e muscoloso molto più di quanto lei lo avesse visto finora.
Così, alla fine, non riesce a lasciare nessuno dei due, e quando i ragazzi scoprono la situazione, lasciano lei!
Cosa cercava Phoebe?
Semplificando, cercava romanticismo e fisicità.
Prima di continuare prova il mio test sulla tua capacità di amare: ti permetterà di capire se ne hai e quanta.
L’attrazione che i due ragazzi esercitavano su di lei dipendeva da queste caratteristiche che lei desiderava.
Voleva un ragazzo che fosse dolce e sensibile, ma anche “macho”, con un fisico atletico e forte.
Così lei sceglieva il ragazzo che rispondesse meglio a queste due caratteristiche. E quando le ha viste in entrambi, non ha più saputo scegliere.
Cosa ti attrae?
Di solito pensiamo che le cose che ci attraggono siano “naturali”, che non dipendono da noi e sono innate.
A molti piacciono le automobili.
Ma le automobili non esistevano 200 anni fa: possibile che sia innato nella mia mente un desiderio per qualcosa che non è naturale, ma un’invenzione umana, anche molto recente?
E se davvero la passione per le auto fosse innata, come mai nessuno vissuto nel medioevo, ad esempio, ha mai avuto questa passione?
Io penso che ci sia una linea sottile tra le nostre predisposizioni e i gusti o le preferenze, che sviluppiamo sin da quando siamo piccolissimi.
Una linea sottile, che però c’è.
Considerando anche che sin dai primi mesi un bambino inizia ad assorbire tantissimo dal suo ambiente, anche molte cose che poi neanche ricorderemo.
La maggior parte delle nostre preferenze hanno un motivo. E per scoprirlo, devi cercarlo.
A che mi serve?
Questo dovresti chiederti sempre.
Ti attrae ciò di cui hai bisogno per stare bene
A che serviva a Phoebe il romanticismo del suo ragazzo?
A che le serviva che avesse un fisico aiutante e muscoloso?
Forse la forza fisica la faceva sentire protetta.
Forse il romanticismo la faceva sentire amata.
Noi cerchiamo le cose che riteniamo importanti, quelle che pensiamo concorreranno alla nostra felicità.
E non le cerchiamo perché ci renderanno felici: lo facciamo perché pensiamo che ci renderanno felici.
Una delle motivazioni principali alla base delle tue preferenze è l’utilità.
Noi siamo attratti da quello che ci sembra utile per stare bene.
Le cose non ti attraggono per come sono, ma per quello che tu pensi potranno darti.
E forse anche a te sarà capitata una cosa successa a ogni essere umano vissuto finora sulla terra: smettere di provare interesse per qualcosa nel momento in cui non aveva più utilità ai propri occhi.
Se davvero, profondamente e senza retorica, qualcosa non ti interessa più, perché credi sinceramente che non ti serva, a quel punto perde anche di interesse e non ti attrae più.
L’attrazione che prima ti controllava, adesso scompare.
Non sono cose e persone ad attrarci, ma cosa ne pensiamo, l’immagine che ce ne facciamo nella nostra mente.
Sapere per quale motivo mi piace il gelato al caffè può essere una curiosità, ma non conterà molto.
Sapere perché ti fidi di alcune persone e non di altre o sulla base di cosa decidi di iniziare una relazione di coppia, questo penso sia molto importante scoprirlo.
Non è detto che quel che ti attrae sia anche la scelta migliore per te.
Considera questo: siamo spesso attratti da ciò di cui sentiamo di avere bisogno.
Ma lo ripeto: non è la “cosa” in sé, è la nostra idea, come la pensiamo e il senso che le diamo.
Capirlo ti aiuta a conoscerti meglio e questo ti aiuterà a vivere una vita felice, senza rinunce, ma arrivando a scegliere liberamente ciò che è più giusto per te.
E a me cosa attrae?
Hai presente una calamita?
Lei è attratta dal ferro.
Quando porti una calamita vicino al ferro viene tirata verso il ferro, e la forza con cui viene attratta è più grande di lei.
La calamita subisce l’attrazione del ferro e si attacca al ferro. Non ha scelta: l’attrazione è più forte.
Di solito viviamo l’attrazione allo stesso modo: qualcosa o qualcuno ci tira a sé e non riusciamo a scegliere, siamo tirati in quella direzione.
Mi sono chiesto, riflettendo su cosa ci attrae: ma a me, cosa mi attrae oggi?
Ci ho pensato un po’ e mi sono reso conto che oggi non trovo niente che mi attragga.
Diversi anni fa ne avrei trovate tante cose, o persone, che trovavo attraenti e che, come per la calamita, mi tiravano a sé.
Oggi non ne trovo.
Oggi non sono più cose e persone ad attrarmi, sono io che apprezzo, amo e godo della compagnia degli altri o delle cose che ho o faccio.
Attrazione e amore: libertà o bisogno?
Mi sono reso conto che è cambiato il processo: non sono più “passivo”, non subisco l’attrazione, scelgo di avvicinarmi a cose e persone con amore.
Non è che la calamita ami il ferro: la attrae, punto.
Per amare devo essere completamente libero: se ho bisogno di te, non posso amarti.
Su questo non ho dubbi.
E se tu mi attrai, quasi sempre il motivo è che tu hai qualcosa che io desidero, qualcosa che mi manca e senza la quale non riesco a stare bene.
Quindi mi attrai perché ho bisogno di qualcosa che tu puoi darmi.
Per l’esattezza: che io penso tu possa darmi.
E se ho bisogno di te, non posso amarti.
Quando ho sperimentato che niente e nessuno poteva rendermi felice, allora è cambiato tutto.
Un po’ come se il ferro diventasse legno: la calamita non è più tirata verso di lui ed è libera da qualsiasi controllo esterno.
Se sono perfettamente felice, non ho più bisogno di te. E qui tanti pensano che questo renda inutili gli altri.
E invece è qui che si scopre l’egoismo nascosto nelle relazioni.
Se io ci sono con te anche se non ho alcun bisogno di te, vuol dire che ci sono perché voglio amarti.
Se venendo meno il bisogno me ne vado, vuol dire che non ti ho mai amato, ma solo usato.
Solo usato.
Io penso di aver fatto questo passaggio negli ultimi anni:
- Ho costruito dentro di me la mia felicità (e ci lavoro ogni giorno).
- Ho smesso di aver bisogno degli altri per stare bene.
- Non ho più sentito quell’attrazione.
- Ho potuto finalmente amarli.
Probabilmente non riuscirò ad amare ciò che mi attrae, perché non mi lascia libero, mi controlla, mi impone di non poter stare bene senza.
Quando mi sentivo attratto ricordo che la mia testa era sempre lì, ci pensavo spesso, tutto il resto perdeva di interesse rispetto alla persona, o alle cose, da cui ero attratto.
Non è una cosa che fai.
Non ho scelto di non essere attratto da cose o persone.
Semplicemente ho iniziato ad amare, e l’amore ha sostituito il bisogno.
E credo che sia il processo naturale che viviamo quando prendiamo questa strada.
Se ti va di approfondire, ho creato un percorso chiamato appunto “Amare senza farti usare” e di bisogno e relazione con gli altri parla dal primo all’ultimo minuto. Lo trovi in questa pagina.
Giacomo, devo dire che ho ancora molte difficoltà ad apprezzare lo stare con qualcuno veramente, senza soddisfare un mio bisogno. Perché spesso sto bene con chi mi somiglia perché è come se tendesse a dare valore a me stessa, quindi mi sembra faccia parte di una sorta di insicurezza credo, e fatico a godermi le altre persone. Fatico un po’, soprattutto nelle relazioni di coppia, a provare interesse se l’altro non rispecchia qualcosa di me, per cui non lo so se questa cosa può migliorare aumentando la mia autostima forse.
Ciao Sara,
l’autostima è un punto, ma solo uno dei tanti.
Leggi questo report gratuito 😉
Ciao Giacomo, vorrei sapere se, secondo la tua esperienza, è possibile avere una relazione di coppia senza che l’altro vada a soddisfare i tuoi bisogni, ma semplicemente perché c’è amore?
Perché io fatico davvero tanto a vedere la possibilità di una coppia senza questa attrazione, ma vedo che in me l’attrazione nasce quando vedo un mio bisogno emotivo soddisfatto, o quando l’altro va a farmi rivivere delle emozioni che già provavo da bambina per dire.
Insomma mi chiedo, magari anche dando a me stessa quello che voglio dagli altri, poi che cosa rimane?
Esiste ancora la passione, il desiderio, l’emozione se noi colmiamo i nostri bisogni? Una relazione di coppia con attrazione reciproca può esistere con questi presupposti?
Io credo che le relazioni umane nascano per mille motivi.
Quasi sempre per egoismo, cioè per soddisfare un bisogno, per cui usiamo gli altri finché ci soddisfano.
E poi poche relazioni nascono per amore, e se è così, non finiscono.
Il punto è che non è facile sentirci completi e felici. Ma per esperienza diretta ti assicuro che quando lo fai, le relazioni continuerai a costruirle, e saranno qualcosa di totalmente differente, ma estremamente più profondo e positivo di quanto non abbia mia provato 🙂
Ciao Giacomo, sono fidanzata da un anno e mezzo con un ragazzo che mi dà letteralmente tutto, cerca di esserci in ogni modo per me ma io a volte mi chiedo se l’amore è tutto qua, se è normale che io non abbia più bisogno di nulla dato che lui c’è sempre, a volte oserei dire anche “troppo”. Non ho bisogno di nulla e questo mi spaventa, a volte penso che vorrei una relazione basata sul bisogno come mi accadde a 17 anni per trovarci un senso. Percepire di non aver assolutamente bisogno di lui e addirittura sentire il bisogno di avere i miei spazi senza di lui alle volte mi porta a chiedermi se sia la persona giusta, se io non abbia bisogno di un altro tipo di persona accanto, con cui magari sentirmi più attaccata. Questo senso di indipendenza assoluta, il sentirmi a volte indifferente a lui cosa nasconde? È un quesito al quale non so dare risposta. Tu cosa ne pensi?
Ciao Babi,
bisogna capire.
Un conto è essere indipendente, altro è essere indifferente.
E poi una relazione basata sul bisogno non ha spazio per l’amore…
Prenota un incontro gratuito e capiremo meglio la tua situazione e vediamo se possiamo aiutarti a risolverla 🙂
se però il meccanismo delle compensazioni funziona, se due persone continuano a percepirsi come giuste l’una per l’altra, si può vivere una relazione felice, come dire se la droga che uso mi fa stare effettivamente bene, quindi non è che io penso che mi faccia stare bene, lo fa davvero, e immaginiamo per assurdo non ha effetti collaterali, (immagina se un giorno la scienza dicesse che il fumo fa bene) non sarebbe amore e va bene, sarebbe uno scambio, un riempire io i vuoti i bisogni le mancanze tue e tu le mie e in questo scambio equilibrato avremo trovato e ci doneremmo reciprocamente felicità? Forse è così che generalmente funzionano le relazioni d’amore o di amicizia o di lavoro o qualsiasi relazione umana, ma persino anche non solo umana anche fra tutti gli esseri viventi, animali e piante compresi? Ed è l’unica modalità davvero realisticamente possibile, pur se imperfetta? Scambio per compensazione e soddisfazione dei reciproci bisogni?
Perché io continuo ad essere innamorata di qualcuno anche dopo anni e qualcun altro no? Mi sembra che la risposta sia perché io continuo a ricevere quello che mi serve dall’altro e al contempo mi viene spontaneo e trovo piacevole dare quello di cui il mio partner (marito, amico, collaboratore, cane, pianta….) ha bisogno… Mentre mi disinnamoro quando sento che tu non hai le caratteristiche che ti avevo attribuito, e allora non mi servi più. Certo non è romantica come la meravigliosa assolutistica cristianissima concezione dell’amore a cui sarebbe bello approdare, ma forse è l’equilibrio più immediatamente raggiungibile dagli esseri, non solo umani, fragili, naturalmente deboli e forse a questo punto penso anche non così completi come dici tu. Più facile, mentre la tua strada è per chi ha l’indole dei santi 😀
Come fai ad essere così sicuro che noi nasciamo completi?
Un’ultima considerazione:
per esempio io avevo pensato che dire a tutti e due, se pensate che io sia di intralcio alla vostra relazione non ci sono problemi, mi faccio da parte, non voglio essere d’ostacolo al destino di nessuno, fosse un atto di amore disinteressato. Non lo è stato?
ogni droga, anche la più leggera e innocua, ha i suoi effetti collaterali 🙂
Se io dipendo da una droga, starò inevitabilmente male quando me ne priveranno, e oltre a soffrire non sarò mai libero.
Mio padre mi ha sempre raccontato, soprattutto dopo la morte di mia madre, la storia degli androgeni e dei ginandri di Platone. Esseri perfettamente completi in sè (solo che gli andogeni avevano più caratteristiche maschili e i ginandri più caratteristiche femminili). Poi gli dei, invidiosi di questi esseri così felici e completi, hanno deciso di scinderli tra uomo e donna, sancendo così l’infelicità dell’essere umano, che vive sempre nel bisogno di ricongiungersi all’altra sua metà.
A differenza di lui, io, pur trovando interessante il racconto, non l’ho mai condiviso, essendo sempre stata convinta (e non conoscevo Giacomo 😀 )
che invece noi potenzialmente siamo, possiamo essere dei meravigliosi esseri completi. É la nostra natura, anche se la cultura in cui viviamo ci ha fatto convincere del contrario tarpandoci le ali. Il brutto anatroccolo, ad esempio, non sapeva di essere in realtà un cigno, così come l’aquila che si credeva un pollo 😀
Ma tu, Paola, che adesso ci credi o no, sei una meravigliosa e possente aquila che può volare alta nel cielo, se soltanto ti offri l’opportunità di provare a mettere in dubbio regole e convinzioni che finora ti sono sembrate e ti sembrano inattaccabili.
Davvero vuoi accontentarti di essere una persona a metà che attende l’altra metà per poter essere completa e felice quando invece puoi essere molto ma molto di più? 🙂 E se anche trovassi l’incastro perfetto, chi ti assicurerebbe che duri per sempre? e che fine farebbe allora, la cosa più preziosa, la tua felicità? davvero vuoi affidarla a qualcosa/qualcuno di così instabile ed effimero?
cercherò esempi effettivi reali e che non siano eremiti santi guru o fanatici, di persone comuni diciamo così che siano riusciti a realizzare pienamente se stessi senza dipendere da niente e nessuno.
Se l’incastro è perfetto e continua a donare gioia ad entrambi ad ogni incontro, perché non dovrebbe durare per sempre finché morte non ci separi? L’accettazione del nostro essere imperfetti e incompleti e mortali fa parte della crescita personale. Quando uno dei due morirà, non finirà la vita, si saprà di averla fin lì spesa nel modo più giusto per noi e per chi è stato fin lì a dividere con noi la vita. E la vita proseguirà con altri scambi, magari di altra natura, o magari no, chissà, con altre storie di vita con altro amore per altre persone con cui mi capitasse di sentire la giusta affinità, la giusta sintonia per poter donare e ricevere ancora amore… Non è così?
per esempio io non sono nè un’eremita nè un guru nè una fanatica 😀 ma un normalissimo essere umano, imperfetto e fallibile che però è in cammino con gioia, fiducia e determinazione, per diventare ogni giorno più forte e ogni giorno più felice ma posso dirti che in passato, soprattutto da ragazza, dipendevo moltissimo dalle altre persone, ero sempre in preda alle emozioni negative e tutto ciò che vivo adesso mi sembrava impossibile. Nonostante avessi già fatto molta strada, fino a qualche anno fa, ad esempio, dipendevo tanto da mio marito, sia a livello pratico che a livello emotivo. Ci “compensavamo” in moltissime cose, e pensare che tante persone attorno a noi la consideravano anche una cosa meravigliosa 😀 Eppure questo, oltre a renderci estremamente fragili, non ci permetteva di amarci davvero (litigavamo moltissimo ed eravamo infelici) perchè finchè hai bisogno che l’altra persona compensi alle tue mancanze, non potrai mai lasciarla davvero libera di essere se stessa, anche di sbagliare, o di allontanarsi, o di avere a sua volta magari le tue stesse mancanze 😀
Poi un giorno il marito di una mia amica è morto all’improvviso. E la mia amica mi ha raccontato che lui le diceva sempre . “l’amore non è salire entrambi sulla stessa barca, perchè significherebbe che se la barca affonda si annega in due, ma significa procedere ognuno sulla sua barca nella stessa direzione”. Ovviamente, finchè entrambi hanno la stessa direzione, aggiungo io 😉
Ho lavorato e continuo a lavorare ogni singolo giorno per poter avere la mia imbarcazione, solida e sicura (sapendo che ovviamente, come dici giustamente, siamo esseri umani la cui esistenza terrena è appesa a un sottilissimo filo) e ultimamente sto facendo in modo che gradualmente anche mio marito possa fare lo stesso, diventando sempre più indipendente da me. Mentre prima non avrei potuto non stare con lui, oggi posso ma nonostante questo, per la prima volta, scelgo di stargli accanto per continuare a costruire insieme. Pronta in qualsiasi momento a lasciarlo andare qualora dovessi capire che la relazione di coppia non è quella che mi consente di amare di più, per il mio e il suo bene e per il nostro percorso.
Io nella mia vita ho visto e vedo continuamente che meno ho bisogno degli altri, più riesco ad amarli in modo sincero, autentico, libero e forte 🙂
E questo non significa rifiutare l’aiuto, l’amore, le attenzioni che ci offrono gli altri perchè se lo facessimo, significherebbe che abbiamo bisogno di sentirci indipendenti e sarebbe, come giustamente dici tu, ossessione, fanatismo, pretesa. Sono convinta che anche saper ricevere con gratitudine e gioia, oltre che donare, è amare.
Come sempre, equilibrio 🙂
Carissima Meguni,
il tuo esempio è incoraggiante. Anche se… questa barca… è quella dei due cuori e una capanna, e quella dei due corpi e un’anima, è quella del la mia casa è dove è il mio cuore. Connessione, scambio, condivisione sono conciliabili con l’idea dello stare alla giusta distanza?
Grazie di cuore.
ps: una pagina ieri sera mi ha colpito del libro La forza di amare di M.L. King.: parla di tre tipi di amore. Mi chiedo se siete d’accordo con questa divisione. In teoria la risposta dovrebbe essere no, ma il fatto che lo scriva uno degli scrittori consigliati da Giacomo, mi incuriosisce.
Quali sono queste tre forme?
Trascrivo la pagina. Si trova all’interno del capitolo 5 quello che vuole spiegare il concetto dietro alla frase “amate i vostri nemici:
Nel Nuovo Testamento in greco ci sono tre parole per esprimere amore: la parola EROS è una specie di amore estetico o romantico. Nei “Dialoghi” di Platone Eros è lo slancio dell’anima per il regno del divino.
La seconda parola e Philia, amore reciproco, intimo affetto e amicizia fra amici: noi amiamo quelli che ci piacciono, e amiamo perché siamo amati.
La terza parola è AGAPE, comprensione e buona volontà costruttiva, redentiva per tutti gli uomini. Amore traboccante che nulla cerca in cambio, agape è l’amore di Dio operante nel cuore umano. A questo livello, noi amiamo gli uomini non perché ci piacciono, né perché le loro maniere ci attraggono, e nemmeno perché essi possiedono una specie di scintilla divina; noi amiamo ogni uomo perché Dio lo ama. A questo livello noi amiamo colui che commette un atto malvagio, sebbene odiamo l’atto che egli compie.
Ora possiamo comprendere che cosa intendeva Gesù quando diceva “amate i vostri nemici”. Dovremmo essere felici che egli non abbia detto “Provate affetto per i vostri nemici”: è quasi impossibile provare simpatia per certa gente. “Provare simpatia” è una parola sentimentale, affettiva: come possiamo provare affetto per una persona la cui intenzione manifesta è di annientare il nostro essere e di porre innumerevoli ostacoli sul nostro cammino? Come ci potrebbe piacere una persona che minaccia i nostri figli e lancia bombe sulla nostra casa? Questo è impossibile. Ma Gesù riconosceva che “amore” è più grande di “affetto”. Quando Gesù ci comanda di amare i nostri nemici, egli non parla né di Eros, né di Philia; parla di Agape, buona volontà comprensiva, costruttiva e redentiva verso tutti gli uomini.
E allora io mi chiedo: che peso dovremmo dare quindi alle altre due forme d’amore nella nostra vita, Eros e Philia?
la prima cosa che mi viene in mente, Paola, è questa:
agape= amore incondizionato = felicità incondizionata.
eros e philia= amore (amore? l’eros lo associo ad attrazione e desiderio) condizionato. E può un amore condizionato darti una felicità incondizionata? Desideri essere felice sempre e a prescindere, o solo se ottieni ciò che desideri o se il tuo amore è ricambiato? 🙂
riguardo alla domanda che mi facevi riguardo alla barca e ai due cuori e una capanna 😉 chi impedisce alla coppia di avere due capanne o due barche ma di scegliere di trascorrere del tempo insieme ora in una, ora in un’altra capanna e altre volte ognuno nella sua? 🙂 Personalmente a me è sempre piaciuta l’idea di due casette contigue 😀 , senza che questa ovviamente debba diventare una pretesa o una scusa per non impegnarsi 😉
Bella la frase: “la mia casa è dove è il mio cuore”, ma personalmente non lo intendo riferito a una relazione di coppia. Se il tuo cuore può star bene ovunque, la tua casa potenzialmente può essere in ogni parte del mondo e in qualunque luogo 🙂
grazie Megumi,
Eros pare fosse inteso in senso più alto se si parla di slancio dell’anima per il regno del divino, anche se le parole precedenti parlano di romanticismo e estetica, (romanticismo per quel che poteva intendersi al tempo del Nuovo Testamento, quando ancora il Romanticismo era di là da venire).
Ammettiamo anche che Eros e Philia non siano amore, ma lo stesso Martin Luther King chiarisce in primo luogo che sono sentimenti che è normale si instaurino solo fra alcuni, e che non si possono estendere anche ai nemici. Sono presenti nell’animo umano dati per scontati sin dai tempi del Nuovo Testamento e ancor prima. Martin Luther King non li mette in contrapposizione all’agape, ma in contiguità. Non come sentimenti dettati dalla paura ma come un tipo di sentimento che si può coltivare non per tutti.
Giacomo dice sempre che siamo fatti per amare (Agape) e che purtroppo l’educazione, la società, la cultura ci insegnano a vivere secondo paura (e quindi philia e eros). Quasi che la nostra inabilità ad amare davvero fosse sorta solo in tempi relativamente recenti, a causa di educazione, cultura e società etc. Ma se è colpa di tutto ciò, diciamo dei “tempi moderni”, come mai da che mondo è mondo le relazioni fra gli esseri umani si sono sempre create secondo Philia e Eros molto più che secondo Agape? Io mi chiedo: c’è stata mai una cultura, una società, un popolo, o anche solo uno sparuto gruppo di persone in cui questa capacità di amare (agape) così naturale si sia espressa nella realtà? Se è così naturale…
Per me è difficile pensare all’amore totale e profondo ognuno a casa sua, non dico realmente, cioè si può amare profondamente e totalmente pur abitando a chilometri, ma metaforicamente ognuno a casa sua. L’idea appunto che la mia casa è dove è il mio cuore equivale all’idea che se ti amo io mi sento a casa ovunque ci sia tu, fisicamente o idealmente. Se sei a chilometri da me, ma mi fai sentire la tua presenza, il tuo amore, io mi sento a casa anche se fisicamente lontano da te. Mentre l’idea delle due case vicine, mi sembra sempre un mettere un paletto un amare “incondizionatamente” a condizione che io non soffra.
buongiorno Paola 🙂
se anche nessuno al mondo avesse fatto una cosa, in che modo questo ti impedirebbe di portarla avanti tu nel momento in cui dovessi comprendere che è la cosa migliore? chi ti impedirebbe di lavorare tu per crearla, una società così, se anche non fosse mai esistita nella realtà? se mai nessuno avesse messo in discussione che la Terra fosse piatta, ritenendolo “ovvio” e “normale”, avremmo oggi tutte le conoscenze che abbiamo?
che cosa è meglio, adeguarsi a ciò che viene ritenuto “naturale” da tutto il resto del mondo, magari per paura di trovarsi in situazioni scomode e destabilizzanti, o osservare e capire, per poter poi scegliere e diventare magari pionieri di un nuovo modo di vedere e vivere la realtà? 🙂
Riguardo alla “casa”, il punto sta proprio in quel “ma”. (ma mi fai sentire la tua presenza) E se l’altra persona non ti facesse sentire la sua presenza nel modo in cui tu vorresti ma ti amasse lo stesso e magari in modo molto profondo, oppure se non fosse capace, a causa delle sue paure, di amare davvero? 🙂
buonasera Megumi,
Io mettevo solo in dubbio le premesse. Il motivo principale per cui è raro e estremamente difficile vivere totalmente secondo Agape non sta nella nostra società moderna, dato che la storia ci mostra che è sempre stato così.
Allo stesso modo tutto lascia pensare che non sia così naturale amare secondo Agape proprio perché in genere quel che è naturale tende semmai prepotentemente a prevalere a dispetto dei santi, e non a faticare ad uscire praticamente sempre da Adamo ed Eva, e ad essere quasi irraggiungibile.
Anche una volta stabilito che è la cosa migliore, se praticamente tutti o quasi conduciamo la vita secondo egoismo, quanto aderente è alla realtà dire che siamo nati per amare? Non potrebbe essere una forzatura? E forse alla fine un’illusione?
Se l’altra persona non mi facesse sentire la sua presenza in nessun modo, quindi non nel modo che piacesse a me, ma in nessun modo, vorrebbe dire che non mi ama.
Se non mi amasse per incapacità, ma desiderasse amarmi e io nonostante questo lo amassi, e pensassi di poterlo aiutare, non gli volterei le spalle, varrebbe la pena accettare la sfida, ma come dice anche Giacomo solo se fosse disposto ad accogliere il mio aiuto.
io penso che siamo nati per essere felici, e mi accorgevo fin da piccola che i momenti in cui “casualmente” e quindi in modo spontaneo e naturale mi ero sentita pienamene e incrollabilmente felice stavo semplicemente amando, senza paure e senza pretese. Non soltanto le altre persone e me stessa, ma tutto ciò che mi circondava, pienamente concentrata nel momento presente e esattamente per ciò che era, senza aver necessariamente bisogno di cambiarlo o che durasse per sempre immutato. Mi sentivo come se avessi trovato dell’oro e solo successivamente, attraverso la Scuola, ho capito come scavare per trovare intere miniere d’oro 😀 Il fatto che l’oro sia nascosto, e difficile e impegnativo da trovare, lo rende forse meno reale e naturale? 🙂
Per capire davvero se si tratti di un’illusione o no, dovresti secondo me mettere completamente da parte congetture, regole e supposizioni, fregartene di quello che fa il resto del mondo (che ti importa? 🙂 ), e iniziare a sperimentare in prima persona 🙂
Riguardo all’ultima parte: che differenza c’è per te fra il “non mi ama” e non riesce ad amarmi” e come fai a distinguere le due cose?
mi piacerebbe che mi raccontassi un episodio specifico in cui ti sei sentita in quel modo. Anche a me è capitato di sentirmi spontaneamente e pienamente felice, ma è sempre stato qualcosa legato a cose che facevo, e / o cose che facevo in determinate situazioni e con determinate persone. Quindi sempre tutto legato a qualcosa fuori di me.
Però hai ragione, il fatto che sia nascosto questo oro, non lo rende meno vero o naturale, non ci avevo mai pensato.
Non so se c’è differenza fra non mi ama e non riesce ad amarmi. Forse non mi ama sa di definitivo, non riesce sa di provvisorio. In entrambi i casi il risultato almeno temporaneo è che non mi ama, se perché non riesce oggi, o perché non riuscirà mai non credo sia distinguibile o sia possibile saperlo. Ma la sostanza è che faccio se non mi ama?
di episodi ce ne sono diversi e si tratta di cose che ho vissuto molto tempo prima di conoscere la Scuola di Giacomo. Ti dico questo perchè se fosse accaduto dopo, potrebbe trattarsi di qualcosa di “indotto”, che ho iniziato a fare perchè decidevo di farlo, e quindi come dici tu qualcosa di poco naturale 🙂
Se ripenso ai momenti in cui mi sono sentita profondamente e pienamente felice, si tratta di episodi in cui in effetti ero riuscita a lasciar andare ogni forma di pretesa che la realtà fosse diversa, armonizzandomi perfettamente con ciò che stava accadendo o che non era in mio potere cambiare, anche se impegnativo: la mia mente era protesa verso le opportunità, le soluzioni, il godermi il momento presente, anzichè concentrarsi su quanto mi mancava o mi sarebbe potuto mancare o sulle difficoltà. In quei momenti non provavo paura. Perchè sapevo con una certezza incrollabile che quella stabilità interiore, quella forza, quella positività, dipendevano soltanto da me, e riuscivo a crearle e tenerle vive nonostante ciò che accadeva attorno. E’ stato così quando a 19 anni stavo per perdere la persona che amavo di più al mondo, mia madre, è stato così tutte le volte in cui riuscivo ad amare profondamente e comprendere mio padre nonostante il suo carattere, senza cercare di cambiarlo, anche in situazioni estreme in una casa vecchissima con l’acqua che ci entrava dal soffitto, senza riscaldamenti, a volte anche senza acqua, sporcizia e degrado ovunque. ma il mio cuore era sereno, e il mio unico pensiero era aiutarlo e ridargli anche se per poco il sorriso. Mi sono sentita così ogni volta che, finita una relazione basata su presupposti poco sani, riuscivo per la prima volta ad amare e comprendere l’altro senza aspettative e pretese, mi sono sentita così quando dimenticavo me stessa e mi concentravo su chi avevo davanti, quando ero io a donare e non ad aver bisogno d prendere. Donare puoi sempre. Ma prendere e ricevere? 🙂
Solo quando ho iniziato a seguire i 25 passi ho capto che cosa erano quei momenti a cui non sapevo dare un nome: stavo Amando 🙂 e se in passato erano inconsapevoli momenti sporadici, oggi è una Via che ho scelto di seguire perchè so che è l’unica a condurre verso la vera Felicità incondizionata, quella che costruisci dentro di te giorno dopo giorno e più ne hai e più puoi donarne a tutti quelli che ti stanno intorno 🙂
La capacità di amare nell’essere umano è come un seme nella terra. E’ da questo punto di vista che Amare è naturale. Il semino c’è in ognuno di noi. Ma mentre il tuo dipende solo da te curarlo, annaffiarlo, nutrirlo e farlo crescere in una meravigliosa e rigogliosa pianta, non puoi sapere che cosa riusciranno a fare, che cosa troveranno la forza gli altri di fare. Potrebbero anche non riuscirci mai. Per questo, se tu hai bisogno, per essere felice, che gli altri facciano, o riescano a fare qualcosa, per poter essere felice a tua volta, ti starai cacciando in un bel guaio. Cosa fare se una persona non ti ama: tu sei disposta a continuare ad amarla e stare bene, perfettamente bene se anche questa persona non dovesse riuscire mai ad amarti? Vuoi starle vicino perchè la ami, o perchè speri che un giorno riuscirà a ricambiarti? Tutto sta nella risposta a questa domanda 🙂
Mi sto cacciando in un bel guaio…
io sento che se amo amo e non torno indietro. Non smetto di amare, nemmeno se non sarò mai ricambiata. Sempre che amare sia quello che ho pensato io finora. Perché ora dubito di quel che sento, cioè non sono affatto sicura che quel che provo sia amore. Il mio sentire che amo mi porta a voler vedere e sapere che chi amo è felice, o che si sente bene, è in pace. Se non lo è, voglio fare tutto quello che è in mio potere per aiutarlo. Certo con la speranza che serva. Se non provo ad aiutarlo, sto male. Se provo e non serve, mi dispiacerà per lui, ma il fatto di averci provato, mi farà ritrovare pace.
amare senza aspettarsi nulla in cambio e volere la felicità dell’altra persona: ciò di cui parli è esattamente l’essenza dell’amore incondizionato 🙂
Amare richiede una grande forza, perchè non sempre chi vorremmo vedere felice riuscirà a diventarlo (non dipenderà mai da noi, nonostante tutto il nostro amore e impegno) ed è proprio per questo che legare la nostra felicità al raggiungimento di un obiettivo (in questo caso che l’altro sia felice) può diventare una pericolosa trappola. Tu ama (senza dimenticare di rivolgere questo amore non soltanto a una o poche persone, ma a tutto e tutti, partendo prima di tutto da te stessa!), tu cresci, migliora e diventa ogni giorno più forte, per far sì che quella pace che cerchi, non sia rimandata a tempi futuri indefiniti ma tu possa iniziare a viverla fin da subito nonostante tutto 🙂
Amare così sa di egoistico. Non riesco a vederla diversamente. Noj puoi essere a posto con te stesaa se sai che chi ti è vicino amici i cmq persone care non stanno bene. Non è che attraverso la loro felicità tu stai bene è che se anche tu sei al top per te stesso ma sai che un tuo caro sta male non puoi restare invariato. Io continuo a pensare che è come immergersi e pretendere di non bagnarsi. O ti cali o nn ti cali.
Non riesci (a vederla diversamente) e ti piacerebbe riuscire a farlo, oppure non vuoi perchè per te è giusto così e sei felice così? 🙂 Considera che nessuno ti obbliga a fare diversamente se non ne vedi il motivo e l’utilità 😉
Vederla diversamente penso nn dovrebbe essere legato all’utilità ma alla verità che mi piaccia o no. Però è pur vero che sarebbe più facile vederla diversamente se così facendo mi sentissi subito meglio.
Non riesco forse xché vedo x mia esperienza che la realtà è diversa anche se non sono felice. Ma infatti il punto centrale è la felicità intesa come qui è o no di questo mondo? 🙂
se anche ci fosse un solo essere umano al mondo che ci riesce, (e ti assicuro che non è solo uno 🙂 ) significa che è possibile, significa che è di questo mondo . Che ognuno di noi può, solo che non tutti riescono a trovare il coraggio e la fiducia di farlo. Non puoi riuscire a fare qualcosa che già in partenza non credi possibile. Ad esempio io l’ho sperimentato in più di ogni occasione in cui partivo già con il presupposto che non sarei mai riuscita a fare qualcosa perchè “tanto non era alla mia portata, tanto non ne ero capace”. E ne uscivo sconfitta già prima di iniziare, ma perchè ero io stessa che mi autosabotavo tagliandomi già sul nascere ogni possibilità di riuscire.
In fondo, poi, del mondo , tu che cosa stai guardando esattamente? Quella fetta di persone (per quanto una minoranza) che ci riescono, o la maggior parte che non ci riesce? Per questo ti chiedo, tu vuoi riuscirci, o non ci provi davvero pensando che “tanto non è di questo mondo”? E se il fatto di pensare che non è umano, potesse diventare a lungo andare una scusa per non provarci davvero? 🙂
Hai letto questa guida? https://diventarefelici.it/non-ci-riesco/
La domanda che potresti farti è, secondo me, non “è di questo mondo o no?” ma “e se fosse possibile per me riuscirci, quali sono i prossimi passi da compiere? come posso riuscirci?” 🙂
ok, la leggerò. Immagina che tu mi dica che riesci ad uscire da una finestra chiusa perché vedi oltre il vetro, e basta vedere per uscire. Io ti direi, vedo quel che c’è la fuori, lo vedo come te e mi piace come piace a te, ma non so come tu faccia a uscire da una finestra senza aperture. E se qualcuno ci è riuscito, io personalmente, con i miei occhi non l’ho ancora visto. Posso solo fidarmi di quello che mi dite qui. ma personalmente, per ora (e in questo per ora c’è la mia risposta di speranza) non riesco ad uscire da una finestra senza aperture, non sento di avere gli strumenti.
Ok, mi sono calata nella scena e nella parte e immagino tutto nei minimi particolari 😀
L’unico motivo che mi viene in mente per cui tu non riesca a uscire dalla finestra, quando basterebbe aprirla o, se è bloccata, rompere il vetro 😉 , è perchè magari sei piccola rispetto all’altezza della finestra per cui, se anche ti aiutassi con una sedia, avresti poi difficoltà a scendere e rischieresti di farti male saltando. Per cui la soluzione che vedo è quella di crescere piano piano, senza fretta, e senza “pretendere” il meraviglioso paesaggio fuori, ma lavorando ogni giorno per crescere. Vedrai che quando sarai all’altezza giusta, ti verrà spontaneo aprire la finestra e uscire fuori 🙂
Ricordo di aver letto in un tuo commento una volta, circa un mesetto fa, che ci sono giornate in cui non riesci a pensare ad altro che al fatto di riuscire a vedere e sentire ciò di cui parliamo nella Scuola, perchè da quello dipende la tua felicità. Non farlo, Paola 🙂 Non è la strada giusta.
Qualsiasi cosa può diventare una dipendenza e una pretesa, anche il raggiungimento dell’obiettivo più bello e più grande.
Hai visto che fuori dalla finestra c’è o potrebbe esserci un bel panorama. Ok.
Vorresti raggiugerlo. Ok.
Adesso che hai chiara la mèta, non pensarci più, ma quando dico “più” significa che davvero non ci pensi. Perchè se la raggiungerai, quando la raggiungerai, non dipende da te. Ma dipende invece da te ogni singolo passo, ogni singolo esercizio, ogni diario emotivo, ogni piccola sfida quotidiana che affronterai e vincerai, ogni singola cosa che nella tua giornata imparerai a vivere nel migliore dei modi, che ti avvicinerà passo dopo passo alla mèta. Goditi il viaggio, non farlo in apnea con la paura di non raggiungere la mèta, con fiducia e curiosità 🙂
hai ragione. Sto compiendo l’errore da cui mi stai mettendo in guardia, Megumi. Mi rendo conto che sta diventando o è diventata un’ossessione. In effetti, a parte quando sono presa dal lavoro, ma anche in quel caso fanno capolino tutti i consigli e le leggi e cosa è meglio o peggio secondo le regole della felicità, (mentre, non a caso, sul diario emotivo ho sempre un blocco, arrivo fino ad un certo punto e poi tutto si offusca) in effetti passo il tempo a considerare tutto e soprattutto un problema in particolare, da questo nuovo punto di vista, per poterlo risolvere, ma se ti toglie il sonno non è un buon segno.
Direi proprio di no 🙂
Che cosa stai mettendo al centro, la curiosità e l’entusiasmo di capire e capirti, di osservare e imparare e fare tuo un nuovo modo di vivere, partendo dalle piccole, piccolissime cose (unico modo per poterci riuscire), la fiducia, l’amore e il vivere nel presente, o la pretesa di dover per forza raggiungere (e il prima possibile!) una qualche mèta dell’altro mondo per risolvere il tuo problema ed essere “finalmente” felice? 🙂
Conosci il cartone dell’Uccellino Azzurro, con protagonisti Tiltil E Mitil? “Dov’è dov’è quell’uccellino che chi lo trova felice sarà?” cantava la sigla 😀 E dov’era alla fine questo uccellino che i ragazzini avevano cercato disperatamente in lungo e in largo per il mondo? In casa loro 🙂