Diversi anni fa ho visto un film giapponese che in inglese si chiama “Departures”, di Yojiro Takita.
Ho sempre amato la musica e mi aveva colpito la locandina che raffigurava un violoncellista che suonava in un prato in una splendida giornata di sole; inoltre il titolo per associazione di idee mi faceva pensare all’aeroporto, ai viaggi.
Lo stesso protagonista, Daigo, viene tratto in inganno da un annuncio di lavoro sul giornale che parla di “partenze”.
Si reca tutto contento al colloquio pensando si tratti di un’agenzia di viaggi. Il titolo giapponese originale del film è “Okuribito” (persone che accompagnano chi parte).
Si trattava di un’agenzia di pompe funebri.
QUEL tipo di “partenza”.
Anche se alcune scene mi hanno molto scossa, perché il tema della morte e del disfacimento del corpo non è mai “facile”, posso dire che è stato uno dei più bei film che io abbia mai visto.
Un film che solo apparentemente parla di morte, ma che in realtà la attraversa per poi andare a incentrarsi sull’Amore. A partire da quello che il protagonista impara a dedicare al proprio lavoro, nonostante l’enorme riluttanza iniziale e le difficoltà che incontra.
La vita non ha senso? Guarda meglio!
Un lavoro “singolare”, che in italiano si potrebbe tradurre con “tanatoesteta”, colui che con immensa cura e rispetto “prepara” il corpo del defunto, davanti ai suoi familiari e amici, per l’ultimo saluto prima della cremazione.
Il tanatoesteta in Giappone non si limita a lavare sommariamente e vestire alla meno peggio il cadavere, ma si tratta di una vera e propria cerimonia, svolta con la massima cura, rispetto e amore, e in cui ci si prende cura di ogni singola parte del corpo del defunto.
E si aiutano i familiari a superare il momento doloroso.
Daigo era un violoncellista che amava moltissimo suonare, ma l’orchestra fallisce e si ritrova da un giorno all’altro senza lavoro, così si trasferisce insieme alla giovane moglie in un’altra città in cerca di una nuova occupazione.
Il protagonista non ricorda il volto di suo padre, perché il padre era andato via di casa quando Daigo era ancora piccolo, motivo per cui lui, sentendosi stato abbandonato, aveva continuato a provare un profondo risentimento nei suoi confronti.
L’unico ricordo che ha, li vede in riva al mare, mentre raccoglievano ognuno una pietra e se la donavano a vicenda, in segno di reciproco affetto.
Per Daigo, non solo è molto doloroso aver perso il lavoro che amava perché la musica era tutta la sua vita, ma altrettanto difficile è per lui iniziare a svolgere il suo nuovo lavoro: non è affatto piacevole per lui lavorare a contatto con i cadaveri, e in tantissime occasioni vorrebbe mollare, soprattutto quando la moglie stessa decide di lasciarlo, vergognandosi del lavoro del marito, che non era visto di buon occhio nella società.
Ma Daigo resiste.
Per amore.
Cogli ogni opportunità
Perché inizia ad amare davvero il proprio lavoro, e a comprenderne l’importanza e l’impatto positivo che aveva sui familiari della persona morta.
Il rispetto, la cura e l’amore con cui si dedica alla preparazione dei corpi, le parole di conforto che ha sempre per i parenti che soffrono, sono così sincere e piene di comprensione ed empatia che lui stesso riesce a rendersi conto di quanto il suo contributo sia importante, nel permettere alle persone rimaste, di salutare nel modo più sereno il familiare che li aveva lasciati.
Alla fine Daigo sarà premiato.
Non solo la moglie, assistendo per caso alla preparazione del corpo di un’anziana amica in comune che avevano, avrà modo di comprendere ed apprezzare profondamente il lavoro del marito e la dedizione con cui lui si dedicava ad ogni singolo gesto.
Ma il fatto di essere stato costretto, anni prima, a cambiare lavoro, ed aver iniziato questo percorso non sempre facile e piacevole, si rivelerà fondamentale nel suo ricongiungimento spirituale con il padre.
Quando il padre muore, Daigo decide, nonostante il risentimento, di occuparsi personalmente della preparazione del suo corpo.
A differenza di come Daigo aveva per tanti anni immaginato, il padre aveva vissuto da solo in una minuscola e umile casetta e, soprattutto, non aveva mai dimenticato il figlio.
Ogni sera andava a dormire stringendo nel pugno la pietra che tantissimi anni prima Daigo gli aveva donato.
Se il lavoro che Daigo si era trovato a fare, non avesse previsto l’occuparsi di ogni singola parte del corpo, non avrebbe mai avuto l’opportunità di aprire la mano del padre, così come se fosse stato un altro tanatoesteta a farlo, non avrebbe potuto capire il senso di quella apparentemente “comune pietra”.
E Daigo avrebbe per sempre perso l’occasione di riconciliarsi con il padre, di “accogliere” l’amore che il padre aveva sempre, silenziosamente, avuto per lui, e di donarlo a propria volta, prendendosi cura della preparazione del corpo prima del commiato definitivo.
Il senso della vita c’è: riesci a vederlo?
Non possiamo mai giudicare o valutare gli eventi che ci capitano nel corso della nostra vita.
Qualcosa che può sembrarci il fallimento dei nostri sogni (come la perdita del lavoro dei sogni di Daigo), o il dover vivere situazioni scomode o spiacevoli o dolorose, in cui ci sentiamo incastrati (come quando Daigo inizia a svolgere il suo lavoro, con grande timore, ribrezzo, riluttanza, e quando viene rifiutato dalla moglie e da chi lo circonda), anche se in quel momento ci appare come una sofferenza senza senso, potrebbe rivelarsi la cosa per noi migliore.
Se noi avessimo l’intima e incrollabile certezza che qualsiasi cosa ci accade, qualunque ostacolo ci troviamo ad affrontare sia per noi in realtà una meravigliosa opportunità, la vivremmo con uno spirito totalmente diverso, e faremmo di tutto per coglierne, anche nel presente, ogni singolo aspetto positivo.
Quello che ci frena è sempre la mancanza di senso.
E se TUTTO, nella nostra vita avesse un senso?
Se tutto fosse espressione di un Disegno più grande pensato per noi, perché è quello che davvero, a lungo termine, si rivela la cosa migliore per noi?
Siamo davvero in grado di valutare?